Newsletter n° 8 – Agosto 2016


Attenzione ai controlli sulla fruizione dell’esonero contributivo sulle assunzioni a tempo indeterminato

L’Inps, attraverso il Messaggio 24 giugno 2016, n. 2815, ha comunicato l’avvio di controlli finalizzati alla verifica di comportamenti volti ad abbattere l’onere contributivo mediante espedienti, che tendono ad eludere i vincoli posti dalla norma e ad ottenere indebitamente il beneficio contributivo di cui alle leggi 190/2014 e 208/2015.
L’attività di controllo posta in essere dall’Istituto ha consentito l’individuazione delle posizioni aziendali a rischio.
Le fattispecie oggetto di tali controlli sono riferite a:
– risoluzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato preordinata alla riassunzione agevolata, decorsi sei mesi dalla risoluzione medesima, da parte dello stesso datore di lavoro o da parte di datore di lavoro riconducibile al primo;
– assunzione/conversione agevolata effettuata nell’ambito di unità produttiva interessata da provvedimenti di integrazione salariale straordinaria e/o in deroga.
In aggiunta a tali situazioni, tramite l’incrocio delle informazioni presenti nelle banche dati UniEmens e UniLav, l’Inps ha individuato ulteriori posizioni aziendali che hanno beneficiato dell’esonero contributivo in relazione a lavoratori per i quali esisteva un rapporto di lavoro a tempo indeterminato nei sei mesi precedenti la data di assunzione e/o in presenza di rapporto di lavoro a tempo indeterminato presso lo stesso datore di lavoro richiedente l’incentivo ovvero con società da questi controllate e/o collegate nel periodo dal 1/10/2014 al 31/12/2014.
Tali posizioni aziendali saranno oggetto di attività di accertamento e di recupero degli importi non versati e delle relative sanzioni civili.
Nell’ipotesi in cui l’azienda provveda a “rettificare” la documentazione presente in archivio, anche attraverso la produzione in sede di contraddittorio di idonea documentazione atta a modificare eventuali errori presenti nei flussi (ad esempio produca il LUL per dimostrare la data effettiva di inizio dell’attività lavorativa nei casi di discordanza tra la data presente in UniEmens e quella presente in Unilav), il funzionario Inps, nel riscontro della sussistenza o meno dei requisiti previsti dalla normativa vigente per il godimento dell’esonero, deve porre l’attenzione alle violazioni di natura sostanziale, tenendo conto che lo spirito della norma in argomento è quello di promuovere e favorire forme di occupazione stabile attraverso la massima diffusione del contratto a tempo indeterminato.
Qualora non ci sia alcun riscontro da parte dell’azienda contattata ovvero in tutti i casi in cui non ricorrano le condizioni per il riconoscimento dei benefici di cui si tratta, l’Inps invia la diffida di pagamento con la quale richiede la contribuzione non versata e le relative sanzioni civili.

Relativamente al regime sanzionatorio applicato l’Inps ha specificato che:

– se l’azienda risulta irregolare in quanto ha fruito dell’incentivo in relazione ad uno o più lavoratori che nel periodo 1/10/2014 al 31/12/2014, o nei sei mesi precedenti l’assunzione, avevano rapporti di lavoro a tempo indeterminato con la stessa azienda ovvero con società da quest’ultima controllate e/o collegate o nei casi di “Doppio Utilizzo” del TRIE da parte del datore di lavoro per lo stesso lavoratore : le sanzioni civili, in virtù del dolo specifico rappresentato dalla vera e propria frode posta in essere al fine di procurarsi un “ingiusto profitto” ai danni dello Stato, saranno calcolate ai sensi dell’art. 116, co. 8, lett. b) della Legge n. 388/2000 (evasione);

– se l’azienda risulta irregolare in quanto ha fruito dell’incentivo in relazione ad uno o più lavoratori che nel corso dei sei mesi precedenti l’assunzione risultavano essere occupati a tempo indeterminato presso un qualsiasi datore di lavoro: le sanzioni civili saranno calcolate ai sensi dell’art. 116, co. 8, lett. a) della Legge n. 388/2000 (omissione).

Definite le istruzioni per le istanze di Cigo

L’Inps – con la circolare 139/2016 – fornisce le istruzioni per l’accesso all’integrazione salariale. Il documento dell’Istituto segue il messaggio 2908/16 e il Dm 95442/16; quest’ultimo, che ha introdotto i nuovi criteri di concessione, essendo stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il 14 giugno 2016 ha determinato l’entrata in vigore della nuova procedura, vale a dire il 29 giugno (quindicesimo giorno successivo alla data di pubblicazione).
Tra le novità previste dal decreto ministeriale l’Inps ricorda la soppressione delle Commissioni provinciali Cigo e la sopraggiunta competenza esclusiva delle sedi Inps a decidere in merito alla concessione, applicando criteri univoci e standardizzati per la valutazione delle domande. Pezzo forte della procedura è la relazione tecnica dettagliata, resa obbligatoriamente sotto forma di atto di notorietà, in cui l’azienda deve fornire gli elementi che rendono lecito l’utilizzo dello strumento. L’Istituto ribadisce che l’accesso alla Cigo scaturisce da situazioni congiunturali aziendali, transitorie e indipendenti dalla volontà delle parti coinvolte; vi rientrano anche le intemperie stagionali e le crisi temporanee di mercato; le causali sono dettagliate nel citato Dm 95442 di cui l’Inps, nella circolare in commento, fornisce un’ampia disamina.

Ulteriori approfondimenti sulla prossima Newsletter.

Deposito contratti e dichiarazione conformità: le istruzioni operative 

Giungono dal Ministero del lavoro le indicazioni operative relative alla compilazione del modello di dichiarazione di conformità e al deposito dei contratti, oltre all’attività di monitoraggio e verifica di competenza del Ministero, in attuazione di quanto previsto dal Decreto Ministeriale 25 marzo 2016 e dalla Legge di stabilità 2016, che prevedono una tassazione agevolata per i premi di risultato e le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili di impresa.
Nella nota operativa diffusa il 22 luglio 2016, il Lavoro ribadisce che il deposito dei contratti collettivi aziendali o territoriali con la relativa dichiarazione dovrà essere effettuato telematicamente utilizzando la sezione “servizi” del sito www.lavoro.gov.it. Per i contratti territoriali già depositati prima dell’entrata in vigore del decreto, invece, bisognerà indicare nel modulo telematico solo la data e la Dtl presso la quale è avvenuto il deposito, evidenziando la tipologia di contratto “territoriale”. Il Ministero informa, inoltre, che dall’8 luglio scorso è possibile depositare il contratto, aziendale o territoriale, e rimandare la compilazione del modello di dichiarazione di conformità ad un momento successivo. In questo caso bisognerà compilare esclusivamente le sezioni 1, 2 e 8. Per questa fase di avvio il Ministero ha previsto la possibilità di depositare i contratti territoriali con un invio a mezzo PEC alla Dtl competente: però, solo attraverso la compilazione telematica del modello e l’upload del contratto il modello sarà messo a disposizione della Dtl competente e il datore di lavoro potrà dichiarare la conformità del contratto.

La nota ministeriale ricorda, inoltre, le nuove funzionalità disponibili dal 1° giugno sul “cruscotto” messo a disposizione delle Dtl per:

– accedere a tutti i contratti depositati, ricercandoli per codice fiscale dell’azienda;
– accedere a tutti i contratti depositati, ricercandoli per direzione territoriale;
– prendere visione dei modelli di monitoraggio compilati scegliendo anche un anno di riferimento.

Per agevolare la procedura, il Ministero ha pubblicato sul sito una breve guida sulle modalità di registrazione e sulla compilazione delle voci oltre ad un modello facsimile allegato alla nota operativa.

Stretta sui lavoratori distaccati dall’estero

Vincoli più severi per l’impiego in Italia di lavoratori distaccati da aziende di altri Paesi dell’Unione europea o terzi. Il decreto legislativo 136/2016 vuole contrastare il fenomeno che comporta il ricorso a personale dipendente di aziende straniere (per lo più di Stati neocomunitari dell’Est), impiegati in Italia presso imprese dello stesso gruppo, oppure di altre imprese o altre unità produttive o destinatari, a cui si applicano però regole e trattamenti retributivi e previdenziali del Paese d’origine perché più convenienti.
Per effetto del provvedimento, al personale distaccato devono essere riconosciute le stesse condizioni di lavoro e di occupazione applicate nel Paese in cui si svolge il distacco: ciò significa riconoscere la stessa retribuzione minima e i giorni di ferie previsti dal contratto collettivo di riferimento.
Se viene verificato che il distacco non è autentico, l’addetto viene considerato un dipendente dell’azienda che lo ha utilizzato e quest’ultima, oltre al distaccante, sono puniti con una sanzione di 50 euro per ogni giorno e per ogni lavoratore, con un minimo di 5.000 e un massimo di 50.000 euro.
Prima di ogni distacco, l’azienda distaccante dovrà comunicare al ministero del Lavoro diverse informazioni, tra cui il numero dei lavoratori coinvolti, inizio e fine del distacco, luogo di svolgimento della prestazione. Inoltre dovranno essere predisposti, anche in italiano, il contratto di lavoro nonché i prospetti paga, la documentazione relativa al pagamento delle retribuzioni e dovrà essere designato un referente domiciliato in Italia e incaricato a ricevere e inviare atti. Il mancato rispetto di questi adempimenti fa scattare sanzioni fin oltre 150mila euro.

Più tempo per l’autocertificazione dell’esonero dal collocamento obbligatorio

Con riferimento alle importanti novità introdotte dal D. Lgs. 14 settembre 2015, n. 151, art. 5 comma 1 lett. b) in materia di esonero autocertificato dagli obblighi di assunzione di cui alla Legge 68/1999 per i datori di lavoro che occupano addetti impegnati in lavorazioni che comportano il pagamento di un tasso di premio ai fini INAIL pari o superiore al 60 per mille, la nota del Lavoro del 1 luglio 2016 ha prorogato la trasmissione delle autocertificazioni al 31 luglio 2016.

Quadro completo per l’esonero disabili

Il Ministero del Lavoro, con nota n. 5113 del 27 luglio 2016, ha fornito le indicazioni operative riguardanti le modalità di versamento del contributo esonerativo in caso di autocertificazione dell’esonero contributivo per quanto concerne gli addetti impegnati in lavorazioni che comportano il pagamento di un tasso di premio ai fini INAIL pari o superiore al 60 per mille e per i quali sono tenuti a versare al Fondo per il diritto al lavoro dei disabili il suddetto contributo pari a 30,64 euro per ogni giorno lavorativo per ciascun lavoratore con disabilità non occupato. Il Ministero ha illustrato le modalità e le condizioni da rispettare per poter accedere al beneficio, precisando che il versamento va effettuato tramite bonifico bancario ordinario.

Dal ministero del Lavoro delucidazioni in merito all’applicazione Ccnl nell’ambito degli appalti pubblici

La Direzione Generale per l’Attività Ispettiva, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha emanato la nota n. 45775 del 26 luglio 2016, con la quale richiama l’attenzione degli organi di vigilanza sulla necessità di procedere alla verifica dei rispetto dei contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative anche in relazione al personale impiegato nell’ambito di appalti pubblici.
La verifica sul mancato rispetto dei citati contratti comporta l’impossibilità di fruire di qualsiasi beneficio normativo e contributivo che l’ordinamento intende riservare a determinate platee di datori di lavoro, ivi compreso l’esonero contributivo già previsto dalle leggi di Stabilità 2015 e 2016.
La verifica sul contratto applicato assume rilevanza anche ai fini dell’art. 1, comma 1, del D.L. n. 338/1989 e dell’art. 2, comma 25, della Legge n. 549/1995. Le norme, infatti, impongono che il calcolo della contribuzione obbligatoria vada effettuato applicando, qualora superiore, l’importo delle retribuzioni previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale della “categoria” in cui opera l’impresa.

Impianti di videosorveglianza: le criticità da evitare per non incorrere in sanzioni

L’installazione degli impianti audiovisivi in azienda è sotto la lente di ingrandimento del ministero del Lavoro: alla prassi già consolidata in materia è stato, infatti, aggiunto un importante tassello con la nota del 1 giugno 2016, prot. n. 11241, con specifico riferimento agli accertamenti ispettivi e agli aspetti sanzionatori riguardanti gli impianti di audiovisivi installati senza l’accordo sindacale o senza l’autorizzazione, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 300/1970.
In particolare, la questione affrontata dall’intervento citato verte sul provvedimento di prescrizione che gli accertatori adottano in sede ispettiva, nel momento in cui rilevino l’installazione e l’impiego illecito di impianti audiovisivi per finalità di controllo a distanza dei lavoratori in orario di lavoro.
Sul punto, si ricorda che la norma in questione – modificata nell’ambito del Jobs act dall’articolo 23, comma 1, del Dlgs 151/2015 – stabilisce alcuni principi da rispettare (rimasti intatti anche nella nuova formulazione normativa).
In primo luogo, l’installazione di questi strumenti e – in genere – di quelli dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori può avvenire esclusivamente per esigenze organizzative e produttive ovvero per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale.
Inoltre, l’installazione non può avere luogo se non è preceduta da apposito accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. Viceversa, se in azienda non sono presenti rappresentanze sindacali o in mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti in oggetto possono essere installati solo dopo aver richiesto autorizzazione della direzione territoriale del Lavoro o, in alternativa – nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Dtl – del ministero del Lavoro (nella piena operatività del Dlgs 149/2015 detti organismi saranno rispettivamente sostituiti dalle sedi territoriali dell’Ispettorato nazionale e dalla sede centrale).
Peraltro, va precisato come lo schema di decreto correttivo del Jobs act – attualmente all’esame delle commissioni Lavoro parlamentari – sancisca come detti provvedimenti abbiano natura definitiva.
L’aspetto interessante su cui si sofferma la nota 11241 è che si pone in violazione dei criteri descritti anche l’installazione di apparecchiature di videosorveglianza che – seppure installate – non siano ancora state messe in funzione; così come non può mettere al riparo dalla violazione dell’articolo 4, della legge 300, la circostanza che il datore di lavoro abbia preventivamente informato i lavoratori. Allo stesso modo, sulla scorta delle giurisprudenza, non influisce il fatto che il controllo sia discontinuo perché esercitato in locali dove i lavoratori possono trovarsi solo saltuariamente.
Proprio seguendo il recente filone giurisprudenziale, il Lavoro precisa come sia altresì vietata – e quindi in violazione dei principi illustrati – l’installazione di telecamere “finte” montate a scopo esclusivamente dissuasivo, poiché tale condotta costituisce già di per sé un illecito, indipendentemente dall’effettivo utilizzo dell’impianto. Sulla stessa linea interpretativa è sempre intervenuto il Garante della Privacy.
La violazione è sanzionata con ammenda da € 154 a € 1.549 o arresto da 15 giorni ad un anno, salvo che il fatto non costituisca reato più grave.
Alla luce del quadro tracciato, in sede di accertamento ispettivo, se l’ispettore rileva l’installazione di impianti audiovisivi in assenza di uno specifico accordo con le organizzazioni sindacali ovvero in assenza dell’autorizzazione rilasciata da parte della Dtl competente, deve impartire una prescrizione (articolo 20, del Dlgs 758/1994) al fine di porre rimedio all’irregolarità attraverso la rimozione materiale degli impianti audiovisivi, entro un termine assegnato: qualora, in tale lasso di tempo, venisse siglato l’accordo sindacale o ottenuta l’autorizzazione della Dlt, l’ispettore può ammettere il datore al pagamento della sanzione amministrativa nella misura pari ad un quarto del massimo dell’ammenda sopra citata.

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