Newsletter Flash – IMPORTANTE – Decreto 19/2024 – Appalti, distacchi, sanzioni


Le principali novità del decreto 19/2024 

Questa Newsletter è interamente dedicata alle novità del Dl 19/2024. Un provvedimento complesso che apporta diversi obblighi in capo ad imprese ed operatori nell’ambito degli appalti e dei distacchi: pesante l’inasprimento delle sanzioni e robusto il sistema di controlli introdotti.

La maggior parte di queste disposizioni sono già in vigore dal 2 marzo scorso ma occorre monitorare l’iter di conversione in legge del decreto, per comprendere se ci saranno modifiche all’impianto normativo.

L’appalto irregolare ritorna nella perseguibilità penale: puniti anche con l’arresto sia l’utilizzatore che il somministratore

Le nuove norme sul contrasto agli appalti irregolari, contenute nel decreto legge 19/2024, rilanciano la fattispecie della somministrazione fraudolenta, introdotta più di venti anni fa dalla legge Biagi e interessata successivamente da numerosi interventi correttivi che avevano portato alla sua abrogazione. Nel nuovo decreto, questa fattispecie si colloca al culmine di diverse situazioni di illecito caratterizzate da una gravità crescente.

La prima ipotesi è quella in cui l’appalto si considera irregolare perché mancano i requisiti fissati dalla legge (articolo 1655 del Codice civile e articolo 29 del decreto legislativo 276/2003). Il confine tra l’appalto lecito e quello irregolare è netto: chi agisce come committente deve acquistare un servizio o un prodotto che viene realizzato autonomamente da un terzo, con una propria organizzazione dei mezzi e rischio di impresa.

Spesso accade che questa autonomia manchi e lo schema dell’appalto venga usato per mascherare un obiettivo diverso, quello di “prestare” lavoratori al committente, che li organizza come se fossero propri dipendenti senza assumere le relative responsabilità giuridiche.

Se si verifica tale ipotesi, in aggiunta alla conseguenza civilistica già nota (la costituzione di un rapporto di lavoro a carico del committente apparente su richiesta del lavoratore), il decreto introduce una sanzione penale: l’utilizzatore e il somministratore sono puniti con la pena dell’arresto fino a un mese o dell’ammenda di 60 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione.

Questo tipo di sanzione non si applica solo agli appalti illeciti, ma anche alle ipotesi in cui il distacco di personale sia attuato in violazione dei requisiti di legge. L’importo della sanzione non può comunque essere superiore a 50.000 euro.

Che si tratti di appalto o distacco, quindi, poco cambia: se uno schema giuridico viene utilizzato per mascherare una fornitura di manodopera, si ricade nell’ipotesi della somministrazione irregolare (con la relativa nuova sanzione penale), perché solo le Agenzie per il lavoro appositamente autorizzate dal ministero possono esercitare questa delicata attività.

Responsabilità estese e inasprimento delle sanzioni

Responsabilità solidale estesa ai casi di somministrazione di lavoro e appalti e distacchi illeciti (prima esclusi). A prevederlo, tra l’altro, è l’articolo 29 del decreto legge n. 19 del 2 marzo 2024, nell’ambito del pacchetto di misure sulla sicurezza sul lavoro.

Giro di vite sulle sanzioni. Diverse le novità relative all’inasprimento delle sanzioni anche per quelle che scattano in caso di impiego di lavoratori “in nero”.

Tra queste l’estensione della cosiddetta responsabilità solidale tra tutti i soggetti interessati dalla fattispecie dell’appalto illecito rispetto al quale, fino allo scorso 1° marzo, l’appaltatore fittizio non era ritenuto responsabile dal punto di vista contributivo, in quanto non reale fruitore delle prestazioni di lavoro.

L’estensione della responsabilità solidale opera, tra l’altro, anche nei casi di utilizzatore che fa ricorso alla somministrazione di prestatori di lavoro da parte di soggetti diversi dalle agenzie autorizzate o comunque al di fuori dei limiti previsti, nonché nei casi di appalto privo dei requisiti e di distacco privo dei requisiti.

Si ricorda che la responsabilità solidale è disciplinata all’articolo 29 del decreto legislativo n. 276 del 10 settembre 2023 e prevede che, in caso di appalto di opere o di servizi, il committente, impresa o datore di lavoro, è obbligato in solido con l’appaltatore e con tutti gli eventuali subappaltatori, entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti (sono invece escluse le sanzioni civili, di cui risponde esclusivamente il responsabile dell’inadempimento).

La responsabilità solidale opera anche per i compensi e gli obblighi di natura previdenziale e assicurativa nei confronti dei lavoratori con contratto di lavoro autonomo, ma non sui contratti di appalto stipulati da pubbliche amministrazioni.

In conclusione, l’appaltatore fittizio, fino ad oggi, non era ritenuto responsabile delle violazioni in materia di lavoro non essendo il reale fruitore delle prestazioni lavorative. Adesso, anche tale soggetto sarà tenuto a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione dell’appalto.

Riferimento territoriale ai salari

Altra novità è la previsione, nei casi di appalto di opere o servizi, dell’obbligo di corrispondere ai lavoratori un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dal Ccnl o da contratti di secondo livello maggiormente applicato nel settore e per le zone il cui ambito di applicazione è strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto.

Il regime sanzionatorio contributivo

Il pacchetto di misure  modifica, inoltre, il regime sanzionatorio in materia contributiva a decorrere dal prossimo mede di settembre.
Le modifiche rimodulano la misura delle sanzioni in ragione delle tempistica di pagamento, in caso di omissione (mancato o ritardato pagamento di contributi o premi il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o dalle registrazioni obbligatorie, come già vigente) e in caso di evasione, (ipotesi connessa a registrazioni, denunce o dichiarazioni obbligatorie omesse o non conformi al vero, poste in essere con l’intenzione specifica di non versare i contributi o i premi mediante l’occultamento di rapporti di lavoro in essere, retribuzioni erogate o redditi prodotti, ovvero di fatti o notizie rilevanti per la determinazione dell’obbligo contributivo).
Nei casi d’incertezza, quando il mancato o ritardato pagamento è scaturito da contrastanti orientamenti, giurisprudenziali o amministrativi, non si pagherà più una sanzione, ma soltanto gli interessi legali.
Pertanto, se oggi si pagata la sanzione del 10% (Tur + 5,5%), da settembre si pagherà il 2,5% (interessi legali).
Da settembre, ancora, l’Inps potrà riprendere a invitare i contribuenti a regolarizzare gli inadempimenti, anche tramite gli intermediari, rendendo disponibili dati e informazioni relativi ai rapporti di lavoro, agli imponibili e altri elementi utili agli obblighi contributivi, secondo modalità e criteri fissati dal Cda dell’Inps.

Rafforzati i requisiti richiesti al datore di lavoro per fruire di agevolazioni: chi rimedia salva gli incentivi

Chi sbaglia può rimediare, in materia d’incentivi al lavoro. Infatti, la regolarizzazione postuma di violazioni, anche se già accertate dagli ispettori, consente di conservare il diritto ai benefici normativi e contributivi fruiti sul lavoro. Inoltre, se la violazione non è più regolarizzabile, c’è un limite all’importo di incentivi che possono formare oggetto del recupero. Le novità arrivano dal decreto legge n. 19 del 2 marzo 2024.
Una prima novità è il rafforzamento delle condizioni richieste al datore di lavoro per fruire di incentivi e agevolazioni. Prima della novità, tale fruizione era subordinata al possesso da parte del datore di lavoro del Durc, fermo restando il rispetto degli altri obblighi di legge, nonché degli accordi e contratti collettivi di ogni livello. Ai fini del regolare rilascio del Durc, si ricorda, è necessaria l’assenza di violazioni in materia di tutela delle condizioni di lavoro individuate nell’allegato A al decreto 30 gennaio 2015.
Dal 2 marzo, viene aggiunta la previsione che il datore di lavoro non deve essere incorso in violazioni in materia di tutela delle condizioni di lavoro, nonché di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro individuate con decreto del ministero del lavoro.
Nelle more dell’adozione del decreto, le violazioni che subordinano la fruizione dei benefici restano quelle previste dal citato allegato A al decreto 30 gennaio 2015. Si ricorda, in merito, che le violazioni rilevano ove siano state accertate con provvedimenti amministrativi o giurisdizionali definitivi, inclusa la sentenza di cui all’art. 444 del codice di procedura penale e non rileva l’eventuale successiva sostituzione dell’autore dell’illecito.

Premiata la buona volontà

La seconda novità è la previsione che «in caso di successiva regolarizzazione degli obblighi contributivi e assicurativi, nonché delle violazioni accertate (…), entro i termini indicati dagli organi di vigilanza sulla base delle specifiche disposizioni di legge», è consentito mantenere il diritto ai benefici normativi e contributivi. Pertanto, viene consentita la regolarizzazione degli obblighi contributivi e assicurativi e delle altre violazioni, anche in caso di accertamento degli organi di vigilanza, con efficacia ai fini del mantenimento delle agevolazioni. Una possibilità ammessa entro i termini fissati dagli organi di vigilanza che, al momento dell’accertamento, adotteranno nei confronti del datore di lavoro un provvedimento di disposizione, assegnando il termine per la regolarizzazione.
Un limite alla sanzione. La terza novità è l’introduzione di un tetto massimo al recupero dei benefici, nel caso in cui il trasgressore abbia commesso violazioni amministrative che non possono essere oggetto di regolarizzazione, ossia il doppio dell’importo sanzionato oggetto di verbalizzazione.
In pratica, l’organo di vigilanza, prima di procedere al recupero delle agevolazioni (incentivi normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro) è chiamato preliminarmente a fare una verifica al fine di appurare se l’importo risulti superiore al doppio dell’importo sanzionato oggetto di verbalizzazione.

Una patente per lavorare nei cantieri 

Operativa da ottobre, la patente rappresenterà il titolo abilitante, obbligatorio, per imprese e lavoratori autonomi al fine di poter operare in cantieri temporanei e mobili. Verrà rilasciata dall’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl), in formato digitale, in presenza dei requisiti tra cui l’iscrizione alla camera di commercio; l’adempimento della formazione in materia di sicurezza da parte sia di datore di lavoro che dirigenti, preposti e lavoratori dell’impresa o dei lavoratori autonomi; il possesso di Durc, Dvr (documento valutazione rischi) e Durf (documento unico regolarità fiscale). La patente avrà un punteggio iniziale di 30 crediti, ma per poter lavorare nel cantiere ne basteranno 15. I crediti sono soggetti alla decurtazione in presenza di provvedimenti sanzionatori e per il riacquisto sarà necessario frequentare corsi di formazione (cinque crediti ogni corso e per la stessa violazione non si possono frequentare più di tre corsi). Chi lavorerà privo della patente o con una patente avente punteggio inferiore a 15 crediti sarà punito con la sanzione da 6mila a 12mila euro, non soggetta a diffida, e con l’interdizione dalla partecipazione ai lavori pubblici per sei mesi.

Committente (anche privato) o responsabile dei lavori avranno l’obbligo di verificare il possesso di una regolare patente nei confronti di impresa e lavoratore autonomo affidatari e di tutte le imprese esecutrici e lavoratori autonomi presenti sul cantiere, anche in virtù di subappalti: chi non verifica incorre in una sanzione amministrativa da 711,92 a 2.562,91 euro. Sono escluse le imprese in possesso di SOA.

Attestato di merito al datore di lavoro virtuoso

La novità interessa i datori di lavoro, cioè imprese, lavoratori autonomi e professionisti titolari di rapporti di lavoro. Consiste nella possibilità, per il datore di lavoro, di ottenere un attestato dall’Inl di buona condotta con l’iscrizione, previo suo assenso, in un elenco consultabile su internet, denominato «Lista di conformità INL». L’attestato e l’iscrizione alla lista è possibile a una condizione: se, all’esito di un accertamento ispettivo in materia di lavoro e legislazione sociale, compresa la sicurezza sul lavoro, non siano emerse violazioni o irregolarità.

Ricevere l’attestato metterà il datore di lavoro al riparo dalla duplicazione delle visite ispettive. Infatti, per un periodo di 12 mesi dall’iscrizione alla Lista, non è sottoposto a ulteriori verifiche da parte dell’Inl nelle stesse materie oggetto dell’accertamento per cui c’è stato il rilascio dell’attestato. Fanno eccezione le verifiche sulla sicurezza del lavoro e le richieste d’intervento, nonché le attività d’indagine disposte dalla procura della Repubblica.

Congruità della manodopera

Altra novità è l’introduzione dell’obbligo, per il committente di lavoro in appalto, di verificare la congruità dell’incidenza della manodopera sull’opera. L’obbligo ricade in ogni appalto edile, pubblico e privato, prima di procedere al saldo finale. Quanto al regime sanzionatorio, negli appalti pubblici di valore complessivo pari o superiore a 150.000 euro, fermi restando i profili di responsabilità amministrativo-contabile, l’avvenuto versamento del saldo finale da parte del responsabile del progetto in assenza di esito positivo della verifica o della regolarizzazione della posizione da parte dell’impresa affidataria dei lavori, è considerato dalla stazione appaltante ai fini della valutazione della performance dello stesso.

Negli appalti privati di valore complessivo pari o superiore a 500.000 euro, il versamento del saldo finale, in assenza di esito positivo della verifica o previa regolarizzazione della posizione da parte dell’impresa affidataria dei lavori, comporta la sanzione da 1.000 a 5.000 euro a carico del committente.

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