Newsletter n° 3 – Marzo 2020


COVID-19: Dimissioni/risoluzioni consensuali di lavoratrici madri e lavoratori padri

A seguito delle misure di contenimento del contagio CODIV-2019 (Coronavirus), introdotte con D.P.C.M. 8 marzo 2020 e D.P.C.M. 9 marzo 2020, che hanno previsto, in tutto il territorio nazionale, prescrizioni limitative degli ambiti di movimento/circolazione e relazionali, è disponibile on line il modulo di richiesta “a distanza” del provvedimento di convalida delle dimissioni o risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro per le lavoratrici madri e i lavoratori padri di figli fino a tre anni di età (ex art. 55 D.Lgs. 151/2001).
Questo modulo sarà utilizzabile in via eccezionale e soltanto per la durata del periodo emergenziale, in sostituzione del colloquio diretto della lavoratrice o del lavoratore con il funzionario dell’Ispettorato del lavoro territorialmente competente.
Il modello va compilato in ogni sua parte (diverse informazioni relative al datore di lavoro e al rapporto di lavoro sono desumibili dalla busta paga) e deve essere sottoscritto dalla lavoratrice o dal lavoratore interessato.
Una volta compilato e sottoscritto il modello deve essere trasmesso al competente Ufficio (individuato in base al luogo di lavoro o di residenza del lavoratore o della lavoratrice interessati) mediante posta elettronica, unitamente alla copia di un valido documento di identità e della lettera di dimissioni/risoluzione consensuale debitamente datata e firmata.

Min.Lavoro: rapporto biennale pari opportunità – prorogato il termine

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali informa che, in ragione delle esigenze organizzative manifestate dalle aziende pubbliche e private, relative al rispetto delle misure di contenimento all’emergenza epidemiologica COVID-19, per il biennio 2018-2019, il termine di trasmissione del “Rapporto periodico sulla situazione del personale maschile e femminile” è prorogato al 30 giugno 2020.

Proroga e ampliamento del congedo per i padri lavoratori dipendenti

L’Inps ha pubblicato il messaggio n. 679 del 21 febbraio 2020, con il quale fornisce chiarimenti in materia di proroga e ampliamento del congedo obbligatorio per i padri lavoratori dipendenti e di proroga del congedo facoltativo di cui all’articolo 4, c. 24, lettera a), L. n. 92/2012, per le nascite e le adozioni/affidamenti avvenuti nell’anno 2020.

Da gennaio certificati di malattia per i marittimi solo telematici

L’Inps, con il messaggio n. 610/2020, comunica che nel corso del mese di gennaio 2020, gli Uffici di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera e dei Servizi territoriali per l’assistenza sanitaria al personale navigante, marittimo e dell’Aviazione civile (USMAF-SASN) del Ministero della Salute hanno iniziato ad emettere certificati telematici di malattia per i loro assistiti, lavoratori marittimi e aeronaviganti.
Da gennaio 2020 le strutture che garantiscono l’assistenza sanitaria ai lavoratori marittimi non rilasciano più certificati di malattia cartacei (modelli “Mal.1” “Mal.2” e “Mal.3”) ma emettono, analogamente a quanto accade per gli altri lavoratori, certificati telematici; da qui la necessità di integrare i dati necessari per la erogazione delle prestazioni, incombenza che dovrà essere assolta dagli stessi lavoratori.

ANPAL: ulteriori modifiche al bonus IOLavoro

L’ANPAL informa che è stato pubblicato il decreto che estende la cumulabilità degli incentivi per le assunzioni nel 2020.
L’IncentivO Lavoro è cumulabile anche con l’esonero per l’assunzione stabile di giovani fino a 35 anni di età, previsto dalla legge di bilancio 2020, nel limite massimo di 8.060 euro su base annua.
Si attende la circolare Inps per conoscere le modalità di richiesta.

Agenzia Entrate: arretrati da lavoro dipendente e tassazione  

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 24 del 5 febbraio 2020, fornisce chiarimenti in merito ad un quesito sulla tassazione da applicare agli emolumenti arretrati, imposti dal giudice al datore di lavoro, in favore di ex dipendenti.
In particolare, l’Agenzia ha affermato che nel caso in cui un giudice condanni il datore di lavoro al pagamento di emolumenti arretrati in favore di ex dipendenti senza indicare se gli stessi si intendono al netto o al lordo delle ritenute fiscali, gli stessi debbano essere soggetti a tassazione separata.

Omissione dei versamenti dei contributi di previdenza complementare

La nota n. 1436 del 17 febbraio 2020 diramata dall’INL si è espressa a proposito dell’omissione dei versamenti dei contributi di previdenza complementare a carico del datore di lavoro e del regime di tutela accordate a tali somme, specie in riferimento al ruolo degli organi ispettivi per aiutare i lavoratori a recuperare i contributi non versati.
In sintesi, laddove il datore di lavoro non abbia effettuato il versamento dei contributi al fondo di previdenza complementare e abbia comunque ridotto il proprio onere contributivo omettendo i versamenti dovuti al Fondo di garanzia si configura una violazione di legge che legittima il recupero degli sgravi contributivi eventualmente fruiti in applicazione del suddetto art. 1, comma 1175, della L. n. 296/2006.

Attività ispettiva in presenza di contratti certificati

Le certificazioni riconducibili a enti bilaterali che, in base all’articolo 2 del Dlgs 276/2003, non siano riconducibili a iniziativa di una o più associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, sono da ritenersi del tutto inefficaci sul piano giuridico. Se si riscontra tale circostanza in sede di accertamento ispettivo, nel relativo verbale dovranno essere chiarite le ragioni che hanno portato a ritenere del tutto inefficace il provvedimento di certificazione facendo appunto riferimento al requisito di maggiore rappresentatività.
È tale una delle circostanze che possono portare al disconoscimento, seppure subordinato alle conseguenti procedure amministrative alla caducazione, del contratto certificato secondo l’articolo 78 del Dlgs 276/2003, secondo la ricostruzione fatta dall’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) con la lettera circolare 1981 del 4 marzo

La busta paga può diventare fraudolenta e finire nel penale

Le novità fiscali in tema di dichiarazione fraudolenta potrebbero avere effetti anche sulle buste paga che riportano somme rilevanti fiscalmente non veritiere. Il datore di lavoro potrebbe incorrere nell’ipotesi delittuosa anche in modo inconsapevole.
L’inasprimento delle sanzioni penali in caso di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di documenti per operazioni in tutto o in parte inesistenti e l’estensione della responsabilità amministrativa delle società in presenza di questo reato – previsti dal Decreto legge 26 ottobre 2019 n. 124, all’art. 39 – richiede un’attenta valutazione delle modalità attraverso cui potrebbe manifestarsi la condotta illecita.

Equivalenza tra fatture e documenti di spesa
La fattispecie non si risolve, infatti, nelle sole ipotesi delle false fatturazioni. In ambito di gestione e amministrazione del personale possono sussistere ipotesi, nella prassi non rare, in cui sono falsi i documenti di spesa prodotti al fine di modificare la base imponibile fiscale dei lavoratori subordinati. Anche se non parla tecnicamente di “fatture”, l’ipotesi è comunque idonea a integrare l’illecito penale.
L’art. 1 del Dlgs n. 74/2000, infatti, per “fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” cui fanno riferimento i delitti di dichiarazione fraudolenta (articolo 2) e di emissione dei medesimi documenti (articolo 8) si intendono non solo le fatture in senso tecnico, ma anche gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie.

Note spese degli amministratori
Si pensi ad esempio alle note spese che vengono prodotte dagli amministratori in occasione di trasferte. Questi documenti vengono poi portati in deduzione dalla società e non concorrono alla base imponibile fiscale (ma anche previdenziale) dell’amministratore.
Dunque, nel caso in cui le spese chieste a rimborso (e dedotte) dovessero risultare non sostenute in tutto o in parte dall’interessato (falsa nota spesa), non vi è dubbio che gli effetti di tale operazione si ripercuotono in dichiarazione dei redditi, integrando la condotta illecita di dichiarazione fraudolenta prevista dall’articolo 2, del Dlgs 74/2000.
Il rappresentante legale, firmatario della dichiarazione, sarà responsabile in prima battuta della commissione del reato.
La sanzione penale per questo delitto, nella misura rivista dal decreto fiscale di fine anno, è:
• la reclusione da 4 a 8 anni se l’imponibile non veritiero dedotto supera i 100mila euro in un periodo di imposta;
• la reclusione da 18 mesi a 6 anni se l’importo è inferiore.

La CU che attesta il falso
Se i documenti falsi hanno inciso sulle buste paga dei lavoratori dipendenti, la dichiarazione incriminata sarà la certificazione unica rilasciata al dipendente.
Gli elementi che caratterizzano questa condotta sembrano integrare proprio il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di falsi documenti. Sono infatti sussistenti tutti gli elementi tipici di questa fattispecie che riguarda chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o l’Iva, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi.

Parliamo di ipotesi “estreme” ma è opportuno non sottovalutare il quadro giuridico appena descritto.

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