Newsletter n° 7 – Luglio 2016


Procedure per la Cigo in via di definizione

Il messaggio Inps 2908 del 1 luglio 2016 ha dettato le prime istruzioni per procedere alle istanze di Integrazione salariale ordinaria, in attesa della prossima emanazione di una circolare con la quale saranno illustrati nel dettaglio sia sul piano interpretativo, sia sotto il profilo applicativo tutti gli aspetti.

Si ricorda che con il decreto ministeriale del 15 aprile 2016, n. 95442, pubblicato in G.U. il 14 giugno 2016, sono stati individuati i criteri per l’esame delle domande di concessione dell’integrazione salariale ordinaria, in attuazione del disposto dell’art. 16, comma 2, D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148.

In sintesi, i principi che sorreggono l’istituto sono essenzialmente quattro:

  • competenza esclusiva delle sedi INPS riguardo la concessione della prestazione con la corrispondente soppressione delle Commissioni provinciali CIGO;
  • l’individuazione di criteri univoci e standardizzati per la valutazione delle domande;
  • obbligo a carico delle aziende richiedenti di una relazione tecnica dettagliata, resa come dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, che fornisca gli elementi probatori indispensabili per la concessione;
  • facoltà in capo all’INPS di un supplemento istruttorio con richiesta di integrazione della documentazione ai fini procedimentali.

Ai fini della concessione della CIGO, diventa quindi di fondamentale importanza la relazione tecnica dettagliata, resa come dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai sensi dell’articolo 47 del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, recante le ragioni che hanno determinato la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa nell’unità produttiva interessata dimostrando, sulla base di elementi oggettivi attendibili, che la stessa continui ad operare sul mercato.

Inoltre, come supporto probatorio eventuale, l’azienda ha facoltà di supportare gli elementi oggettivi già contenuti ed elencati nella relazione obbligatoria, con ulteriore documentazione da allegare relativa, per esempio, alla solidità finanziaria dell’impresa o a report concernenti la situazione temporanea di crisi del settore, oppure alle nuove acquisizioni di ordini o alla partecipazione qualificata a gare di appalto, all’analisi delle ciclicità delle crisi e la CIGO già concessa.

In allegato al messaggio Inps si possono trovare i format della relazione relativi alle diverse causali previste.

Apprendisti e contribuzione Cig: definite le codifiche Uniemens 

L’INPS, con il messaggio n. 3028 del 12 luglio 2016, ad integrazione delle istruzione fornite in merito alla modalità di codifica degli apprendisti nel flusso UNIEMENS, illustra la corretta esposizione dei lavoratori assunti con contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma e con contratto di alta formazione e ricerca, per i quali il datore di lavoro non è tenuto all’assolvimento degli obblighi contributivi in materia di CIGO/CIGS.

Il ministero del Lavoro illustra la Cigs “in deroga”

La Direzione Generale degli ammortizzatori sociali e I.O., del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha emanato la circolare n. 22 del 11 luglio 2016, con la quale definisce condizioni e modalità di attuazione del decreto interministeriale n. 95075 del 25 marzo 2016.
In particolare, il decreto individua i criteri per l’accesso ad un ulteriore periodo di CIGS per le aziende in crisi aziendale che in corso di trattamento cessino l’attività e cedano l’azienda stessa con il riassorbimento del personale.
Il trattamento di integrazione salariale straordinaria può essere prorogato – alla presenza di criteri definiti nel decreto n. 95075 del 25 marzo 2016 – sino ad un limite massimo di 12 mesi per le cessazioni di attività intervenute nell’anno 2016, di 9 mesi per le cessazioni intervenute nell’anno 2017 e di 6 mesi per quelle intervenute nell’anno 2018. Il limite temporale di cui sopra si riferisce all’anno in cui si determina la cessazione.

Ritenute previdenziali non versate: reato penale in parte escluso ma possono scattare pesanti sanzioni

Parzialmente depenalizzato – da gennaio 2016 – il mancato versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali trattenute in busta paga. Il regime sanzionatorio oggi in vigore prevede una differente modulazione in relazione all’entità del mancato versamento: se quest’ultimo non supera i 10mila euro annui viene a configurarsi un illecito amministrativo punibile con una sanzione da 10mila a 50mila euro. Se, invece, il datore di lavoro non versa ritenute, prelevate ai lavoratori, per un ammontare superiore a 10mila euro annui, allora scatta il penale e si rischiano fino a tre anni di reclusione e una multa che può arrivare a 1.032 euro.
La stessa norma prevede, tuttavia, una exit strategy che intende premiare il comportamento positivo del datore di lavoro, il quale non va incontro alle sanzioni (sia quella penale, sia quella amministrativa) se provvede a effettuare il versamento delle ritenute omesse entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’accertamento della violazione.
Con la circolare 121/2016 del 5 luglio l’INPS ha analizzato l’impianto normativo, fornendo il suo punto di vista anche alla luce della nota del ministero del Lavoro 29/0002839/P/2016: in particolare, è stato precisato che l’arco temporale sul quale va verificata la violazione è da intendersi riferito al periodo che va dal 1° gennaio al 31 dicembre di ogni anno.

Più tempo per l’autocertificazione dell’esonero dal collocamento obbligatorio

Con riferimento alle importanti novità introdotte dal D. Lgs. 14 settembre 2015, n. 151, art. 5 comma 1 lett. b) in materia di esonero autocertificato dagli obblighi di assunzione di cui alla Legge 68/1999 per i datori di lavoro che occupano addetti impegnati in lavorazioni che comportano il pagamento di un tasso di premio ai fini INAIL pari o superiore al 60 per mille, la nota del Lavoro del 1 luglio 2016 ha prorogato la trasmissione delle autocertificazioni al 31 luglio 2016.

In arrivo le comunicazioni di irregolarità Gestione separata committenti

Con il messaggio 2878 del 30 giugno scorso, l’INPS ha comunicato l’avvio delle elaborazioni delle situazioni debitorie delle aziende committenti che, per l’anno 2015, hanno denunciato, tramite il flusso EMENS, il pagamento di compensi ai soggetti iscritti alla Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26 della legge 335/1995.

Detta pubblicazione è anticipata sia all’azienda committente che all’intermediario collegato (delegato) tramite messaggio di “alert” inviato all’indirizzo mail conosciuto.

All’interno del “Cassetto Gestione separata committenti” la presenza della situazione debitoria è evidenziata con il messaggio “Attenzione: sono presenti delle comunicazioni da leggere” e, per gli intermediari, il segno di spunta di colore rosso indica quali sono le aziende interessate.

La comunicazione debitoria è propedeutica al passaggio alle fasi successive per il recupero del credito tramite l’emissione dell’Avviso di addebito.

Pertanto, le aziende committenti, o loro delegati, che abbiano inviato erroneamente denunce di compensi non corrisposti effettivamente nel periodi di competenza denunciati o abbiano indicato dati, come ad esempio aliquota o imponibile, diversi da quelli corrisposti, devono, con urgenza, inviare i flussi di correzione al fine di evitare errate emissioni di avvisi di addebito.

Definiti i profili fiscali del Welfare aziendale

Con la circolare Entrate-Lavoro 28/E del 15 giugno 2016 sono state illustrate le novità operative della detassazione dei salari di produttività e di gestione del Welfare aziendale, alla luce delle modifiche introdotte dalla legge di stabilità 2016.
In sintesi, questi i principali chiarimenti: importi e servizi a tassazione zero per i dipendenti che scelgono di convertire i premi di risultato soggetti ad imposta sostitutiva del 10 % in benefit per i figli, come la scuola, i centri estivi, le gite didattiche, il baby-sitting e le borse di studio o, nel caso di familiari anziani o non autosufficienti, per garantire loro assistenza. La norma, al fine di conciliare le esigenze della vita familiare del dipendente con quelle lavorative, consente anche il rimborso direttamente in busta paga delle spese sostenute documentate.
Inoltre, il documento si sofferma sull’esame delle nuove disposizioni in materia di benefit, rilevanti per la definizione dei piani di welfare aziendale la cui finalità è di rendere disponibile per i dipendenti un paniere di “utilità”, cioè di erogazioni o prestazioni, tra le quali gli stessi lavoratori possono scegliere quelle più rispondenti alle rispettive esigenze.

Attenzione all’esposizione della trasferta sul Lul

Il ministero del Lavoro (nota 14 giugno 2016, prot. n. 11885) ha chiarito come la non conforme registrazione della voce trasferta può integrare la condotta di infedele registrazione tutte le volte in cui venga riscontrata, a seguito di accertamento ispettivo, una difformità tra la realtà “fattuale” e quanto registrato sul LUL e sempre che “l’erronea” scritturazione del suddetto dato abbia determinato l’effetto di una differente quantificazione dell’imponibile contributivo.
Questa condotta fa scattare la sanzione amministrativa pecuniaria da 150 a 1.500 euro. Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero a un periodo superiore a sei mesi la sanzione va da 500 a 3.000 euro. Se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori ovvero a un periodo superiore a dodici mesi la sanzione va da 1.000 a 6.000 euro”.
Approfondimenti nella prossima Newsletter.

Pronta la procedura per l’assunzione incentivata di soggetti disabili

La circolare Inps 99/2016 ha rilasciato la procedura per l’ottenimento dei benefici di cui all’articolo 10, del decreto legislativo n. 151, del 14 settembre 2015 (modificativo dell’articolo 13, della legge 12 marzo 1999, n. 68).
Più specificamente, al fine di realizzare una concreta promozione dell’inserimento e dell’integrazione lavorativa delle persone con disabilità nel mondo del lavoro, la nuova formulazione dell’articolo 13, legge 68/1999 prevede, a favore dei datori di lavoro, un incentivo di tipo economico, rapportato alla retribuzione lorda imponibile ai fini previdenziali, che varia in funzione del grado e della tipologia di riduzione della capacità lavorativa del soggetto assunto.
La domanda di fruizione dell’incentivo deve essere trasmessa, mediante apposite procedure telematiche, all’INPS.
L’Istituto, a seguito dell’inoltro delle domande di autorizzazione alla fruizione del beneficio effettua, mediante i propri sistemi informativi centrali, i controlli circa i requisiti di spettanza dell’incentivo, verificando, in particolare, la natura privatistica del datore di lavoro che procede alla richiesta di riconoscimento dell’incentivo, l’esistenza del rapporto di lavoro con il lavoratore e la disponibilità di risorse. Superati i suddetti controlli, alle istanze inviate è attribuito un esito positivo comportante l’autorizzazione alla fruizione del beneficio.
A seguito dell’autorizzazione, l’incentivo può essere fruito dal datore di lavoro mediante conguaglio nelle denunce contributive mensili o, nel caso di datori di lavoro agricoli che operano con il sistema DMAG, trimestrali.

La detassazione in busta paga

Effettuato il monitoraggio circa la sussistenza delle condizioni soggettive dei lavoratori potenziali destinatari della detassazione, anche l’elaborazione dei cedolini paga comporta alcune accortezze.
L’imposta agevolata si applica in busta paga sull’importo massimo di 2.000 euro annui, intesi al lordo della ritenuta fiscale del 10% ma al netto dei contributi previdenziali a carico del lavoratore: la soglia può essere elevata a 2.500 per le aziende che prevedono il coinvolgimento dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro, come indicato dal Dm del 25 marzo 2016.
Al superamento di detti limiti, gli importi eccedenti sono assoggettati a tassazione ordinaria: per questa ragione, il datore di lavoro che deve applicare l’imposta agevolata ad un dipendente assunto in corso d’anno, dovrà raccogliere una dichiarazione da parte di quest’ultimo (le cui informazioni dovranno essere acquisite dal precedente datore di lavoro) circa la sussistenza di eventuali somme già percepite con tassazione agevolata.
Peraltro, va ricordato come al lavoratore – sebbene si trovi in possesso dei requisiti reddituali richiesti dall’agevolazione – sia comunque concessa la facoltà di rinunciare espressamente al regime della tassazione sostitutiva; così anche il datore di lavoro, qualora verificasse più vantaggiosa l’applicazione della tassazione ordinaria rispetto alla detassazione, applicherà quella più favorevole dandone comunicazione all’interessato. Si pensi – ad esempio – all’ipotesi in cui, per effetto del diritto alle detrazioni fiscali, queste ultime siano superiori all’imposta dovuta.
Con riferimento al bonus “Renzi” la circolare 28/E/2016 conferma la sua compatibilità con la detassazione sulle somme erogate a titolo di incremento della produttività (circolare delle Entrate 9/E/2014). Inoltre, i redditi derivanti dalle somme detassate vanno esclusi dal computo del reddito complessivo utile per verificare se spetta il bonus Irpef ma rientrano nel calcolo del reddito “ordinario” ai fini della verifica dell’eventuale “incapienza”.

Tornando, in via generale, alla detassazione dei premi, occorre, altresì, gestire quelle casistiche in cui, nelle more dell’emanazione del decreto ministeriale attuativo, il datore di lavoro abbia già corrisposto emolumenti premiali derivanti da accordi collettivi comunque rispondenti ai criteri definiti dal Dm stesso (si pensi alle intese a validità pluriennale). In questo caso, il datore, avendo applicato le aliquote Irpef ordinarie, potrà restituire agli interessati la maggiore imposta avvalendosi delle operazioni di conguaglio di fine anno o di fine rapporto, come ricordato al punto 5, della circolare 28.
Resta ancora qualche dubbio circa l’esposizione delle ritenute inerenti la detassazione sul modello F24: la circolare 28 non ha, infatti, confermato se sia ancora utilizzabile il codice tributo 1053 in uso fino al 2014 (ultima annualità in cui vigeva il meccanismo in oggetto). Sul punto sarebbe opportuno un intervento sebbene sul sito delle Entrate il codice risulti ancora attivo.

I contratti di prossimità al tempo del Jobs act 

Prima dell’apertura alla contrattazione aziendale operata dal decreto legislativo 81/2015, le parti che avessero voluto operare un declinazione “su misura” delle regole generali potevano muoversi con due differenti modalità: esercitando la delega sulle specifiche materie lasciate dagli accordi collettivi nazionali alla libertà negoziale del secondo livello oppure ricorrendo alle intese di prossimità, in base all’articolo 8, del Dl 138/2011.

La linea tracciata dal Codice dei contratti, attuativo del Jobs act, non cancella quest’ultima possibilità ma indubbiamente ne riduce l’appetibilità laddove la possibilità di operare regolamentazioni ad hoc per la singola realtà imprenditoriale è concessa direttamente dalla legge, senza costringere le parti a muoversi nel campo della deroga.

Se, infatti, gli “ordinari” contratti di secondo livello (territoriali o aziendali) possono validamente muoversi solo nei confini che la legge o – in via delegata – il Ccnl gli conferisce, quelli di prossimità consentono una deroga più estesa nei confronti delle disposizioni legislative e contrattuali, nel rispetto però dei vincoli dettati dalla norma stessa.

Considerando che nell’attuale quadro normativo parte delle materie lasciate dal legislatore alla regolamentazione di prossimità possono essere gestite da “normali” accordi collettivi aziendali, è presumibile che la portata dell’articolo 8 sia sempre più limitata ad ipotesi di eccezionalità.

L’entrata in vigore del Dlgs 81 vede, infatti, una notevole spinta al contratto collettivo aziendale, aprendo una nuova fase nelle dinamiche contrattuali e nelle relazioni industriali: l’articolo 51 della disposizione si occupa proprio di mettere sullo stesso piano degli accordi nazionali anche quelli aziendali (o territoriali) purché sottoscritti delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e – nel caso degli accordi aziendali – dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria, che acquisiscono così una piena legittimazione negoziale.

In sostanza, per le materie indicate nel Codice dei Contratti, la contrattazione decentrata non solo non necessita di alcuna delega specifica da parte dei contratti collettivi nazionali ma, addirittura, è sancito il principio generale secondo il quale detti accordi hanno la stessa valenza giuridica.

Ma vediamo quale può essere il perimetro oggettivo entro il quale gli accordi collettivi aziendali possono adottare regole gestionali dei rapporti di lavoro, diverse dal regime “normale” disciplinato dal legislatore.

Il campo di intervento è praticamente a 360 gradi: con riferimento al contratto part-time, le intese aziendali possono disciplinare l’utilizzo del lavoro supplementare così come le clausole elastiche; nel campo del lavoro a chiamata, gli accordi possono individuare le esigenze in virtù delle quali si può ricorrere all’utilizzo della prestazione lavorativa in modo discontinuo; pressoché totali le modifiche operabili alla regolamentazione di default del contratto a termine e altresì importanti quelle effettuabili nell’alveo della somministrazione; e così via..

News dallo Studio…..

Novità sul sito web dello Studio:

• dalla sezione Servizi è ora possibile scaricare la Brochure completa, descrittiva della attività dello Studio

• dal 1° luglio 2016 lo Studio si avvale della collaborazione in materia previdenziale e pensionistica del dott. Fabio Venanzi, in qualità di Of Counsel.

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